
«La famiglia Carnevali ha iniziato l’attività nel 1988. Con mio padre Vasco e mia madre Vanna ci siamo messi subito al lavoro. Orgogliosi della storia, delle tradizioni, delle potenzialità della nostra costa e innamorati di Marina di Pisa, volevamo che il futuro di questo stabilimento diventasse anche il nostro. Dopo tanti anni di impegno, di sacrifici, di sfide stimolanti e scelte difficili, possiamo dire di avercela fatta. Oggi il Bagno Azzurro è una realtà imprenditoriale che, con i suoi servizi e le sue attrezzature, e grazie alla professionalità delle tante persone che fanno parte della nostra squadra, sintetizza al meglio il carattere, la vitalità di questa parte di Toscana, una zona affascinante in cui terra e mare si incontrano e cooperano a scolpire le forme delle cose, i sapori, il carattere delle persone che vivono a Marina da generazioni.
Quasi trent’anni spesi a far funzionare al meglio i tanti ingranaggi che permettono a uno stabilimento balneare di essere completo, efficiente, accogliente. È stato bello, ma non facile. Molto spesso la strada si è presentata in salita. Fin dall’inizio, i primi problemi. Erosione: una parola che i marinesi, come tante altre persone che vivono in zone di mare interessate da questo tipo di fenomeno, conoscono bene. La costa arretrava, e subito, nei primissimi anni di attività, la prima scelta dolorosa: dover distruggere degli appartamenti per far posto all’arenile e agli ombrelloni. Un vero disastro. Da lì, la scelta di costruire, a nostre spese, la scogliera che fronteggia il nostro tratto di spiaggia. Un lavorio continuo per gettare in acqua enormi pietre che sembrano non bastare mai e che, una volta posate in mare, non sono più tue. E poi investimenti continui per migliorare le strutture, ottimizzare i consumi, accrescere le potenzialità di un ingranaggio che, per essere efficace, richiede di essere sempre oliato al meglio.
Chi fa il nostro mestiere sa quante energie la gestione di uno stabilimento balneare richieda, e quanto una realtà imprenditoriale di questo tipo assorba le forze, i pensieri, il cuore di chi ci lavora. Per questo, da anni, facciamo sentire la nostra voce, il nostro dissenso, quando, ciclicamente, affiorano le polemiche riguardo alle concessioni demaniali marittime. Materia farraginosa, complessa, piena di contraddizioni. Prima la legge Baldini, che sembrava lasciare margini, spiragli; poi la clamorosa marcia indietro impressa dalla Direttiva Bolkestein: un continuo zig zag di affermazioni, ripensamenti, brusche sterzate politiche e giuridiche, lo Stato che diventa un’ombra minacciosa, capace in un attimo di spazzar via decenni di dedizione, impegno, investimenti di gestori volenterosi e motivati, per far posto ad altri gestori che di colpo dovrebbero trovarsi tra le mani le redini di una creatura che non hanno creato.
Una spada di Damocle che ci penzola sulla testa da anni, una vera e propria tortura psicologica contro cui da tempo cerchiamo di mobilitare l’opinione pubblica. Un’ingiustizia, a nostro modo di vedere. Che, tra l’altro, ha impedito a questo territorio di crescere e svilupparsi come avrebbe potuto – quando vedi profilarsi la possibilità che l’impresa della tua famiglia ti venga tolta di mano per essere affidata ad altri, l’ultima cosa che ti passa per la testa è di investire in quell’impresa – se le sue tante potenzialità non fossero state tarpate da provvedimenti iniqui quanto insensati.
Nel ripercorrere la storia dell’impegno che la mia famiglia, da quasi trent’anni, dedica al Bagno Azzurro, ho voluto soffermarmi su una vicenda che, a tutt’oggi, per noi gestori di stabilimenti balneari, rappresenta una ferita aperta. Per ricordare a chi vorrà leggere queste note che, nonostante tutto, cerchiamo di fare al meglio il nostro lavoro, e che siamo intenzionati a continuare a far sentire il nostro dissenso, la nostra rabbia, a portare avanti, facendo informazione, una battaglia che riteniamo sacrosanta.»
(Paolo Carnevali, titolare Bagno Azzurro)